Tenuta Anfosso: Rossese di Dolceacqua Foulavin e antipasto di terra


Sweetwater


Al liceo mi dilettavo a tradurre i nomi delle località italiane in inglese. Ad esempio Lamporecchio veniva LightingEar, Pontedera veniva BridgeofAge, Castelfranco di Sotto era FrankCastle of Under e così via.

Da qualche mese vengo a scoprire dell'esistenza di Dolceacqua ovviamente in inglese si tradurrà immagino, Sweetwater.

In verità, il nome ha origine antica, romana, o forse celtica. Chi lo sa. Ma in fondo, il nome è suggestivo anche perché, curiosamente, io lo ricordo più per il vino che per l'acqua.

Ma come? Non è assurdo? Un ossimoro? Beh sì, ma perché allora non è assurdo che i Bravi di manzoniana memoria in realtà fossero cattivi? Oppure che l'amaro a fine pasto è spesso dolcissimo? E allora possiamo ricordare un posto che si chiama Dolceacqua per il suo vino.

Ero sempre stato incuriosito dal Rossese di Dolceacqua, oltre che  per il nome, anche perché appartiene all'estremità lontana della Liguria. Mi piacciono le cose di confine, trasudano di posti e profumi lontani. Sicuramente mi incuriosiva di più del vicino Ormeasco che ho sempre immaginato come un Dolcetto con un altro nome. Un po' come il mio cane che si chiama Watson, ma che io ogni tanto chiamo Luis. Ragazzi, sto scherzando eh, non venitemi poi a dire che io ho detto che l'Ormeasco è semplicemente un Dolcetto con un altro nome perché potrei negarlo fin sul letto di morte.

Eppure le mie esperienze col Rossese di Dolceacqua erano state non proprio positive. Ne avevo bevuto uno al corso nella lezione sull'abbinamento al pesce, abbinato ad un cacciucco.
Il secondo  approccio invece era stato col vino che avevo aperto e degustato in sede di Esame. Suppongo fosse sempre lo stesso Rossese della lezione del pesce ma non sono in grado di dire che azienda fosse. Ricordo ancora quando in bocca lo sentii spiccatamente acido e azzardai un Fresco Vivo nella descrizione dell'acidità e fui puntualmente redarguito in quanto avevo giustamente esagerato. Tutto sommato un vino che non mi aveva certo appassionato sia la prima, che la seconda volta.

Ma veniamo a noi. La scorsa estate avevo distrattamente comprato per sbaglio la bottiglia di Rossese nella foto qua sotto. L'avevo comprata per sbaglio nel senso che pensavo che fosse in offerta, e invece lo è stato tipo due settimane dopo. D'altronde io sono un genio e mi fido troppo delle etichette dei prezzi senza controllare che chi le ha messe le abbia messe in esatta corrispondenza col vino di cui si parla. Quello in offerta era il vino accanto. Vabbè, meglio così.


Anno 2013: un ragazzino maturo.
No, anche stavolta non è un ossimoro.

Gli appassionati di vino sicuramente conoscono il Rossese di Dolceacqua Superiore Doc Tenuta Anfosso Foulavin. Il nome è tanto bello quanto il vino è buono. Cosa dire? Sono passati 4 mesi da quando l'ho bevuto eppure ne ho un ricordo così vivo che mi pare di sorseggiarlo ancora.
Come era? Fresco, ma non eccessivamente, tannini morbidi, elegante. Il colore lo vedete anche nella mia pessima foto: un rubino scarico che fa riflettere. E adesso vi spiego perché fa riflettere: perché il colore lo fa immaginare ancora abbastanza giovane eppure l'equilibrio, i profumi e gli aromi su cui si erge questo sapore di marasca e di ciliegie sottospirito fanno pensare ad un vino che è quasi all'apice della sua vita. Pronto sì, ma tendente al maturo. Eppure il colore lo fa sembrare giovincello. Bisognerebbe averne da parte una bottiglia per aprirla tra qualche anno per capire come evolve questo vino. Se "vince" il colore e quindi ci sono ulteriori evoluzioni, o invece ha ragione il palato che mi dice che questo vino è già al suo apice. Oppure se riesce a prolungare questo apice nel tempo come i grandi vini. Chi lo sa? Io no, perché per ora non ho trovato altre bottiglie di quell'annata.




L'avresti mai detto che sarebbe stata una scelta interessante?
E invece sì.


Insomma avevo questa bottiglia di Rossese che mi incuriosiva e non riuscivo mai a decidere con cosa berlo. Una sera mi ero fatto un piatto di antipasto misto (prosciutto toscano, mortadella, salame, crostini con fegatini, parmigiano e pecorino e mostarda di frutta). La regola dice che in questi casi l'ideale sarebbe un bel lambrusco che sgrassa, oppure una bollicina più o meno importante. C'è anche una terza via: un rosso, non molto tannico, non molto strutturato o austero, che possa andar bene con formaggi e insaccati senza rischiare l'effetto metallico del tannino sul sale. Quindi, tutto sommato ci poteva stare. E infatti ci stava.

Come mettevo un boccone in bocca, così rilanciavo con una sorsata di questo vino, con questo sapore di marasca, di ciliegia sotto spirito che mi ingolosiva ogni volta. L'unico paragone plausibile è con l'Old Fashioned che mi faceva il barman di un locale di Praga, che sprezzante della ricetta originale, era solito pestare le ciliegine sotto spirito insieme allo zucchero rendendo il cocktail più amabile e gustoso. Col risultato che ne bevevo uno dietro l'altro.

Credo di aver seccato una bottiglia di Rossese di Dolceacqua da solo quella sera.
Serata dunque LEGGENDARIA.



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