Carmignano, così tutto ebbe inizio



Se dovessi indicare una data di inizio della mia passione per il vino dovrei parlare di una sera del marzo 2012. Prima di allora ero sempre stato un consumatore di vino abbastanza approssimativo. L'interesse mio al tempo era molto più concentrato sulle birre, specie le belghe, magari trappiste e dal mio viaggio in Scozia del 2006 ero tornato con un certo interesse per il mondo dello Scotch Whisky.

Fino ad allora il vino non aveva suscitato in me grande curiosità. Conoscevo, come bene o male tutti, alcuni nomi confusi: Pinot, Champagne, Falanghina e tutti quei nomi così inflazionati negli aperitivi che si consumano nei peggiori bar di periferia: Muller Thurgau, Gewurztraminer, Nero D'avola. Quei classici vini che vengono presi da tutti senza nemmeno sapere cose basilari, tipo che Muller Thurgau è niente meno che un vitigno e non il nome di una bottiglia di vino. D'altronde in casa mia, nonostante si fosse toscani, il vino era bevuto più in quantità che in qualità. E spesso faceva anche un po' schifo, quindi non lo bevevo.

Ecco insomma, in questo contesto sconclusionatamente distratto, mi trovai a cena con un mio amico, Marco, che avrebbe aperto di lì a poco un Winebar a Pistoia. Lo Staralfur, andateci, perché è proprio un bel posticino.
Eravamo a Peccioli, in mezzo alle colline pisane. A cena alla Greppia. Uno di quei posti che dici: interessante. Ma poi non ci vai più. Un locale piccolo, gestito da un signore austero. Sul muro campeggiavano le foto di varie personalità che vi hanno cenato, tra cui spiccava un Paolo Villaggio d'annata. Millesimato direi adesso.

Marco, più informato di me, ordinò una bottiglia di Ghiaie della Furba, della Tenuta di Capezzana. Fu amore e simpatia al primo assaggio. Mi sembrava di bere un nettare, mi stupii che esistesse al mondo qualcosa di così buono e che io fino a quel giorno non lo sapessi. Nei giorni seguenti, iniziai ad informarmi e mi accorsi che tempo prima avevamo preso un altro vino di Carmignano, il  Sasso, dell'azienda Piaggia e che anche quello mi era molto piaciuto. Ero troppo un pivellino allora per capire quanto differenti fossero i due vini. Il primo era un IGT di vitigni internazionali, con Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah il secondo era una Carmignano vero e proprio, che fondeva in un connubio esemplare la tradizione toscana  con quella bordolese. Quello che un giorno sarebbe diventato il mio profilo di vino per antonomasia.

Da lì in poi Carmignano è diventato uno dei miei cavalli di battaglia. In fondo si adatta perfettamente a me e al mio modo d'essere. Non si bevono vini di moda a Carmignano. Si bevono delle perle, per pochi. D'altronde in pochi sanno che Caterina de' Medici, regina di Francia, importò i vitigni francesi, che per la prima volta fecero la loro comparsa in Italia, secoli prima che a Bolgheri. A quei tempi Carmignano era una delle quattro zone vocate alla produzione di vino in Toscana. Testi parlano del vino di Capezzana già dall'804 d.c. (mica l'altro ieri) e ritrovamenti ci dicono che già gli E
truschi vinificavano in quella zona. Ma questo chi lo sa? Nessuno. Questa è storia. La storia di un'eccellenza toscana che al contrario di molte altre sparate ai quattro venti, rimane ancora una cosa per pochi.  Quasi bisbigliata. Meglio così.



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