Abbinamenti azzeccati: cap.1 - Cotoletta alla milanese e Chiaretto del Garda







sottotitolo: una cotoletta su quel ramo del lago di Como

sottosottotitolo: qual è il colmo per un vino del Garda? Berlo sul lago di Como.



Lo sa qual è il mio peggior difetto, Sergente?




Così il colonnello americano si rivolgeva al Sergente Kempfer nel famosissimo film "lo chiamavano Buldozer". Chi non conosce il film vince una fornitura a vita di vini del supermercato in offerta a 1 euro.

Sapete qual è il mio peggior difetto? Di dilungarmi troppo quando scrivo. Mi si dice che quello che scrivo è troppo troppo lungo e pesante.
Cerchiamo di essere dunque succinti.


Con questo articolo si apre una delle mie pagine più interessanti di questo pseudo-blog. Alla fine penso che freghi una cippa a chiunque di sapere i dettagli della mia vita e parimenti di sapere le mie impressioni su un vino. Se ci sento il sentore della viola, del rabarbaro, del sandalo o della marasca. Trovo che l'esercizio del riconoscimento dei profumi e degli aromi del vino sia fine a se stesso, in primis in quanto soggettivo (non tutti "sentono" alla stessa maniera), in secondo luogo perché se non si parla dell'abbinamento col cibo, il discorso rimane sempre un po' a metà. Sicuramente interesserà molto a chi è esperto, un po' meno all'uomo comune, cui vorrei parlare io.

L'abbinamento invece è la più grande figata che mi ha riserbato questo mondo del vino. Confesso che se mi fossi fermato al primo livello, mi sarei perso l'enografia (che è l'altro argomento che adoro) ma questa stessa trova compiutezza in quello che si studia al terzo livello del corso per sommelier, vale a dire, come si abbinano certi vini al cibo. 

Ovviamente ci sono delle regole, non le scriverò, direttamente, ma solo con dei cenni. Questa rubrica sull'abbinamento, deve essere il mio resoconto degli abbinamenti che mi hanno lasciato particolarmente soddisfatto e che voglio rimangano a mia memoria.

Una sera di luglio di quest'anno, mi trovavo a Como. Questa ridente e amena cittadina ha sicuramente molto da offrire al visitatore che vi si rechi. In particolare a me ha offerto una cotoletta alla milanese. Siamo stati a cena in un ristorante in centro, noto per il fatto che cucini le più disparate versioni di questo noto piatto lombardo. C'è quella tradizionale, c'è quella col bacon e la scamorza, con le noci, con il gorgonzola, con i friarelli, con il caprino, all'occhio di bue e chi più ne ha, più ne metta. Tendenzialmente io sono contrario a tutte queste cose, perché ritengo che, pasticciando troppo, si vada un po' a compromettere il senso della pietanza. Ad ogni modo, mi sbilanciai e mi presi una cotoletta con prosciutto cotto e funghi.

A questo punto, anche il più sfigato dei sedicenti esperti di vino, quale io sono, si trova nel momento più bello e più sensato della serata. Quello che ti fa uscire di casa. Il momento della scelta del vino. Si noti bene, e lo preciso. Questo è il momento più bello, con tutto il suo rituale, è forse meglio del momento in cui il vino lo si beve, perché è il momento dell'attesa. Un po' una sorta di sabato del villaggio del vino. Poi quando arriva il vino, può essere andata bene, ma potrebbe anche essere andata male.

Quella sera andò abbastanza bene. Ma procediamo con calma. Gli altri che erano con me, avevano preso anche loro alcune cotolette, se non erro una era con caprino e pomodorini, l'altra lardo alle erbe e rosmarino. Ovviamente stava a me scegliere il vino. Il fritto non va a braccetto col tannino, perché altrimenti si rischia di avere uno spiacevole sapore amaro in bocca. E via si scartano tutti i rossi. A questo punto ci sono i bianchi e le bollicine. Con il fritto, con le bollicine non si sbaglia mai, lo sanno anche i muri. Ma non adoro il prosecco a tutto pasto, e preferivo un vino fermo. Magari un bianco: il problema del bianco è che sicuramente la sua acidità non stona con la frittura, ma la presenza di una riduzione per cottura importante e di ingredienti come uovo, prosciutto e funghi richiedevano un bianco abbastanza importante. Trai bianchi c'era un Roero Arneis e temevo che risultasse un po' corto. Eccola là, la soluzione. Un chiaretto del Garda. Peraltro, rimanendo in Lombardia, si otteneva anche il risultato di ottenere un abbinamento coerente alla regione della pietanza. 

Scelsi dunque, superando il classico scetticismo intorno ai rosé dei miei commensali, questo , Garda Classico Chiaretto, Cà Lojera anno 2015, ritratto in foto. Notino i miei sfortunati lettori quanta poca dedizione io metta nel fare una foto degna di essere inserita in un blog. Da buon toscano ho sempre pensato più alla sostanza che alla forma, ricevendo tirate d'orecchio dalla mia compagna meneghina, che in realtà da buona milanese, considera la presentazione e la forma, più che fondamentali.
Cercherò di migliorare, ma veniamo al vino.

Questo chiaretto, che per me era una novità assoluta, ho scoperto essere abbastanza conosciuto, il che mi permetterà di trovarlo di nuovo per poterlo assaggiare nuovamente e vedere se confermerà quello che io ricordo di lui. Ricordo infatti un vino fresco, grazie ad una spalla acida che lo rendeva beverino e vivace in bocca, ma non troppo, era un'acidità che stava comodamente al suo posto, necessaria, ma non debordante. Oltre ad essere fresco risultava comunque abbastanza rotondo, e quindi equilibrato sufficientemente nel contrasto tra componenti dure e morbide. Le note floreali, e la frutta, condita da una certa mineralità, lo rendevano più che sottile al naso e in retrolfattiva. Il colore vivo, lo rendeva appagante anche alla vista, insomma, come avrebbe detto uno dei più grandi docenti che ho avuto la fortuna di avere, era un vino da bersi a secchiate. Il che permetteva di sposarsi bene non solo con la mia versione della cotoletta, ma anche con quella grassa e acida della versione con caprino e pomodori. Abbinamento riuscito e mettiamo una crocetta nella colonna dei successi.





Sono stato abbastanza succinto???





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